• Siamo nati scoprendo
  • La nostra casa ce la portiamo dentro
  • Capita di voler esternare cose piccole, per farle notare.
  • “Da un Counselor vado per trasformarmi”
  • Le ali dell’inconscio
  • Sapere di che panno è vestito qualcuno
  • “Sono così” e il cambiare
  • Vi sentite pieni di energia?
  • Mi siedo, vi guardo e sarete voi a parlare.
  • Quel molto che mi hai dato
  • Vertebra dopo vertebra si torna in piedi
  • La cucina del cuore
  • Quel filo solido
  • Lamentiamoci un po’
  • quel suo racconto dorato
  • Confini apparenti
  • Principio
  • In un bar del centro, la mattina.
  • Dal dovere fattosi macigno al: teniamoci il meglio
  • “Fratture scomposte”
  • Il counselor e l’ipnotista in me

Cristina Merlo

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Archivi Mensili: ottobre 2015

Paul Watzlawick ” mago ” della psicoterapia breve

29 giovedì Ott 2015

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IL FAMOSO RICERCATORE   W a t z l a w i c k   SPIEGA IL SUO METODO:

 ASTUZIA, CREATIVITA’ E UN TOCCO D’ IMPROVVISAZIONE

Intervista del 1994

Depressione, anoressia, bulimia, attacchi di panico? Si curano in dieci sedute. Parola di Paul Watzlawick, profeta della psicoterapia breve, autore di testi psicanalitici di grande diffusione come “Istruzioni per rendersi infelici”, “Di bene in peggio”, “L’ arte del cambiamento” e “Change”.

Ecco, il segreto e’ tutto li’ : nel cambiamento, nella rottura di quel circolo vizioso che avviluppa i pazienti e, spesso, i loro familiari. Per farlo, assicura il settantenne ricercatore (e fondatore) del “Mental research institute” di Palo Alto (California), anni di terapia non servono. Ci vogliono astuzia, creativita’, un tocco di improvvisazione, la capacita’ di ribaltare il punto di vista in cui si dibatte il “malato”. 

E’ una spina nel fianco della psichiatria ufficiale: “Ci accusano di essere superficiali e manipolatori, sospira l’anziano “eretico”, ma io rispondo: citatemi un esempio di aiuto che non sia manipolatore. Se mi butto in acqua per salvare uno che annega, lo manipolo. Il chirurgo che asporta un cancro, manipola. Cosi’ il terapeuta che cerca di liberare un paziente dalle sue fobie”. Metafore e allegorie costellano le spiegazioni di Watzlawick:

“Sapete la storia di Ali’ Baba’ che lascia ai suoi quattro figli 39 cammelli in eredita’ ? Al primogenito ne destina la meta’ , al secondo un quarto, al terzo un ottavo e al quarto un decimo. I figli litigano su quell’ impossibile ripartizione, senza mai arrivarne a capo”.

Ecco, spiega il ricercatore, queste sono le condizioni in cui noi troviamo i nostri pazienti. Hanno tentato di risolvere il loro problema in ogni modo, senza riuscirci.

Continuando la favola: “Arriva un saggio errante sul suo cammello. Ascolta il problema, scende e aggiunge il suo cammello agli altri 39. Ecco ora la suddivisione come prevista dal testamento diventa possibile: 20, 10, 5, 4. E, fatti i conti, alla fine avanza un cammello, quello del saggio errante, che rimonta in groppa e se ne va”.

Il saggio errante e’ il terapeuta”.

I problemi della psiche, spesso, sono piu’ aggrovigliati di quelli ereditari, ma Watzlawick mette in guardia dal potere negativo delle etichette: “Molte paure, molte ansie, come l’ agorafobia, il terrore di uscire in mezzo alla gente, nascono dal dubbio di poterne soffrire. Nel timore di star male, il paziente si chiude in casa. Cosi’ il depresso: talvolta si convince di essere malato anche perche’ gli altri lo trattano da malato, credendo di aiutarlo. La nostra terapia? Qualche volta suggeriamo ai pazienti di comprimere tutta la loro depressione quotidiana in 15 minuti, la sera. Se si convincono a rinviare tutto il loro malessere a quel quarto d’ ora, il gioco e’ fatto. Perche’ si accorgeranno di poter dominare la depressione e il tentativo di comprimere ed enfatizzare la sofferenza in 15 minuti gliela rendera’ quasi ridicola”.

(23 aprile 1994) – Corriere della Sera

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Burattini senza fili

16 venerdì Ott 2015

Posted by Cristina Merlo in Uncategorized

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Le tante formalità che accettiamo, in cui viviamo e ci sommergiamo diventano un treno merci a vapore. Siamo la motrice, che avanza affaticata su binari, lungo vie predestinate. Nessuna scelta vera, stretti tra briglie, soggiogati da pensieri altri.

Alla ricerca di un’identità, di sicurezze, di certezze ci aggrappiamo a modi di fare, al possedere, all’appartenere a gruppi, al vestire in quel modo, a frequentare persone che contano… Importa che un oggetto ci serva o almeno ci piaccia, ce lo chiediamo?                                                       Frequentiamo gente per far scorrere ore che altrimenti ci paiono l’eterno, ore che ci fanno sentire il greve peso della solitudine? organizziamo un viaggio perché ci sono le ferie e sì bisogna riempirle come fanno tutti (o quasi)?

Rischiamo di entrare in un teatrino di pupi siciliani, dando i fili della nostra vita in mano a sconosciuti.

Scegliere è difficile.

Stare soli un’impresa.

Nasciamo quando troviamo ciò che ci caratterizza, ci appartiene, ci entusiasma, ci rende un po’ utili.

Perché farci guidare dai burattinai?

Con coraggio si tagliano i fili e con pazienza e stupore si va alla ricerca del nostro io. Non ci sono tempi prestabiliti, non è una competizione, quindi il tempo c’è, anzi ci viene incontro per aiutarci.

Lasciare le formalità, pensateci, significa andare in discesa.

Un senso di leggerezza ci avvolge.

Vediamo dove poggiamo i piedi, sentiamo il battito del nostro cuore, la profondità del nostro respiro, alziamo gli occhi al cielo e già così, grazie a tutte le sensazioni che arrivano dal nostro corpo, siamo in compagnia. Vicino ci sono i nostri fini sentimenti. In noi un nucleo interiore intimo prezioso che impariamo a guardare in faccia. Ci sono il nero, il bianco, il triste, il gioioso, la paura, i desideri, le rabbie, i rancori, la serenità, la grazia… Ogni parte è del tutto, ogni parte è noi. Ogni parte va scoperta e accettata.

Non serve sempre mirare in alto e lontano per scoprire che la Vita respira profondamente in noi. Andiamo sincroni con Essa e l’armonia arriverà.

                              © Rui Palha“Bébé regarde les petits pigeons”

 

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