• Siamo nati scoprendo
  • La nostra casa ce la portiamo dentro
  • Capita di voler esternare cose piccole, per farle notare.
  • “Da un Counselor vado per trasformarmi”
  • Le ali dell’inconscio
  • Sapere di che panno è vestito qualcuno
  • “Sono così” e il cambiare
  • Vi sentite pieni di energia?
  • Mi siedo, vi guardo e sarete voi a parlare.
  • Quel molto che mi hai dato
  • Vertebra dopo vertebra si torna in piedi
  • La cucina del cuore
  • Quel filo solido
  • Lamentiamoci un po’
  • quel suo racconto dorato
  • Confini apparenti
  • Principio
  • In un bar del centro, la mattina.
  • Dal dovere fattosi macigno al: teniamoci il meglio
  • “Fratture scomposte”
  • Il counselor e l’ipnotista in me

Cristina Merlo

Cristina Merlo

Archivi Mensili: novembre 2018

Mettiamo in gioco La Relazione

11 domenica Nov 2018

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…una Persona e un Counselor insieme…

“La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma, come la legna da ardere,
ha bisogno solo di una scintilla che la accenda” Plutarco

enso-cerchio

La mente ha bisogno di aria, di spazi, meglio del vuoto, “del vuoto tra le mani” come diceva Jung. Ci portiamo appresso tanti pensieri, siamo occupati da mille preoccupazioni, crediamo così d’essere molto occupati, sì indaffarati e spesso crediamo d’essere infelici. Lasciando andare via il troppo, l’inutile le mani restano finalmente vuote e il senso di malessere scompare, cedendo il passo alla leggerezza.

A partire da richieste che riguardano lo star bene e il desiderio di cambiamenti cosa accade in una Relazione di Aiuto?

Si crea un ambiente, se vi piace una nicchia ecologica o anche un laboratorio (proprio dal latino laborare, lavorare) in cui ognuno si sente al suo posto, anche per esempio nell’aver scelto l’angolo dello studio che più gli piace o che in qualche modo lo conforta.

Il passo successivo? almeno per me calarmi in un mondo che non è quello dell’Altro, né il mio, non è un mondo di mezzo, tanto meno un mezzo per, è un nuovo “territorio” dove si crea La Relazione. Questa Relazione non è uno dei due, né la loro somma, neppure il loro essere vicini in una camera. Immaginatela come una zona accogliente, con un suolo soffice, un’atmosfera rarefatta dove molto può prendere corpo, trasformarsi, scomparire, passare rapidamente o divenire importante essenza. La mia mente lenta si svuota preparandosi all’ascolto; mi è di grande aiuto il mio respiro, lo rendo quieto costante, contemporaneamente mi rilasso, sento i punti di appoggio del mio corpo sulla poltrona e dei piedi a terra. Mi preparo a essere in un nuovo mondo per ora vuoto e aspetto il fluire delle parole, le pieghe di un viso che pian piano diventa familiare…

In questa zona completamente nuova, sgombra da pregiudizi, con un tempo che è dato dal battere del cuore e non da invadenti lancette si può lasciare che accada… cosa? proprio non si sa, l’importante è non esercitare spinte e neppure frenare, non aggiungere ingredienti in un piatto che non è il nostro.

La presenza cosciente è la sola che garantisce la comprensione dell’Altro e la possibilità d’essergli d’aiuto.

Seguire stralci di vita non è un qualcosa di contorto o cerebrale, non è farsi Azzecca-matasse, non è indicare a altri l’Est, neppure divenire statue marmoree che lasciano scorrere ondate di parole.

Seguire questi stralci è un essere accanto, un po’ di fronte, un po’ di fianco con un corpo che si protende il giusto verso la Persona, con una delicatezza che varia a seconda di chi è lì con noi, con una presenza dei piedi, delle mani, del respiro, delle parti del volto, di un busto che ondeggia un po’ in avanti un po’ indietro in una danza che sottolinea stati d’animo, passioni, interrogativi, timori, rabbie, desideri, aspettative… Un corpo che lasciandosi andare diviene ballerino partecipe di quello che è il racconto di vita dell’Altro. Nella narrazione ogni sentimento, ogni sensazione e ogni mutamento d’espressione e postura vibrano nello spazio della Relazione. E questa vibrazione la si sente e la si può sottolineare con cenni del capo, con l’uso di diverse vocali, con punteggiature che lasciano l’Altro libero di continuare a esprimersi. L’ascolto fa parte della fornace del “territorio” della Relazione, non dà nulla di nostro, neppure una parola, lascia che una Persona si chiarifichi a se stessa, quasi senza accorgersene. E’ un nuovo dialogo che inizia ad avere con se stessa, al di fuori delle formelle di tutti i giorni, degli schemi reiterati. In questo “territorio” altro dal Cliente e dal Counselor tutto può muoversi e aprire vie verso il fare diversamente.

Il primo fare della Persona sarà lo scoprire quanto è di peso, le inutilità. Il secondo liberarsene, per sempre. A mano a mano che le sue mani saranno sempre più vuote, avrà spazio per iniziare a stare bene.

Ph. © Alexis Perevoschikov
#Benessere #Relazione  #Counselor Vuoto
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La comunicazione

11 domenica Nov 2018

Posted by Cristina Merlo in Uncategorized

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ala giallo

L’artista è colui che è in grado di comunicare

emozioni , sentimenti,  pensieri.

Il counselor è colui che fa nascere uno spazio all’interno del quale l’Altro

inizia a comunicarsi.

In questo spazio si muovono e la Persona e il counselor, in una specie di danza

che tocca momenti, fatti, agiti, il mondo del sentire.

Questo spazio è libero, uno spazio dove il tempo è per l’Altro, per il suo esprimersi,

per il suo iniziare a nascere come desidera.

Quando il lavoro un giorno ha termine la Persona è divenuta

l’artista di se stessa, della sua vita.

Vivere intensamente è anche comunicare.

Senza titolo

03 sabato Nov 2018

Posted by Cristina Merlo in Uncategorized

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Nov 3
Albrecht Dürer 1509

Capita che mi metta a giocare con le parole, trasformandole in ciliegie di pensieri.

Lo scorso pomeriggio canticchiavo “la donna è mobile”, non so proprio come mai, saperlo comunque che importerebbe. In un attimo mi è balzato alla mente un mobile di casa a me caro: la mia poltrona. E’ tutta in legno con due cuscini, scelti di due colori diversi. E’ larga e comoda, stilizzata. Mi stiracchia ogni vertebra della schiena e sui suoi braccioli adagio le mie braccia.

Spesso mi sono posata stanca, immersa tra inutili riflessioni che si rincorrevano alla ricerca di perché, nella speranza di risposte, con segmenti di vita ripescati da chissà quali tempi, messi in fila e poi rimescolatisi. Quanto spreco di tempo e soprattutto di energie.

E’ capitato che vi abbia accolto uomini o donne che desideravo ascoltare, con le quali dare inizio ad una conoscenza e poi chissà ad un’amicizia, ma nulla del desiderato si è realizzato.

Si sono accomodate persone che mai l’hanno vista, ma per me era una gioia immaginarle proprio lì.

Dopo anni so quant’è preziosa.

Mi siedo e mi ascolto con cura, i pensieri accalcati iniziano a scorrere fluidi, in palloncini colorati rigonfi di elio volano in alto e via quelli inutili. Con me restano l’utile ed il prezioso. Quando mi alzo, parrà strano, pure il corpo è rilassato, i muscoli si sono allungati da sé, e il respiro si è fatto profondo e calmo.

Questo inizialmente fu un esercizio, ora sta diventando un momento dedicato a me, per me. Non c’è nulla di egoistico, è un prendersi cura di sé, sempre più amorevole.

Vi faccio accomodare, anche con la fantasia, voi persone con le quali il silenzio è il più profondo dei dialoghi e le parole sono le risa ricorrenti di occhi conosciuti e brillanti.

Non un mobile come gli altri, è un po’ magico, abita nel profondo.

E’ con me sempre e lo porto ovunque.

“Qualcosa sale

qualcosa resta,

due dita che si sfiorano

salvaguardano l’identità

di ognuno”.

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