“Gli Dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca per poter ascoltare il doppio e parlare la metà.” (Talète, 624 a.C.)
©Maurizio Bello “In silenzio ad ascoltare” 2014

Plutarco scrisse tra l’80 e il 90 d.C. “L’arte di saper ascoltare” opera dedicata soprattutto ai giovani.

Chi gioca a palla, dice Plutarco, impara contemporaneamente a prenderla e a lanciarla, ma per quel che riguarda la parola bisogna prima imparare ad accoglierla bene per poterla quindi pronunciare.

I più invece, a quanto ci è dato vedere, sbagliano, perché si esercitano nell’arte di dire prima di essersi impratichiti in quella di ascoltare, e pensano che per pronunciare un discorso ci sia bisogno di studio e di esercizio, ma che dall’ascolto, invece, possa trarre profitto anche chi vi s’accosta in modo improvvisato. Nell’uso della parola, invece, il saperla accogliere bene precede il pronunciarla, allo stesso modo in cui concepimento e gravidanza vengono prima del parto.” (Plutarco)

“L’ascoltatore fino e puro deve immergersi con la concentrazione fino a cogliere il senso profondo del discorso e la reale disposizione d’animo di chi parla.

Quindi l’ascolto non è improvvisazione, nasce da un fino esercizio.

Creare un silenzio interno, un profondo rispetto, una mancanza di pregiudizi e aspettative, un’attenzione all’Altro nella sua interezza. Capacità di cogliere: il linguaggio del corpo, la velocità nel parlare, i vocaboli scelti, il tono di voce e le sue variazioni. Non si ascolta solo con occhi ed orecchie, lo si fa con “la pancia” lasciandosi guidare dal sentire della Persona, accogliendone le emozioni. Si vibra insieme, il “parlato” dell’Altro entra in noi, è compreso.

Per riuscire ad ascoltare si impara a restare con se stessi. Accettare quella che è la nostra Persona, per amarla per come è, nella sua interezza. Stare soli con noi, nel silenzio, seduti con una schiena che diviene sempre più dritta a mano a mano che ci cogliamo come uomini o donne di valore:

“sedersi sul pavimento, assumere una buona posizione e sviluppare il senso di essere consapevoli del nostro rango, del nostro posto sulla terra.”

“Shambhala” di Chögyam Trungpa

Abbiamo un nostro spazio e ne siamo onorati.

Da questo possiamo partire verso l’ascolto sincero di chi incontreremo.

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