Insieme in una radura

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Eccoci in una radura, posata tra cime di monti un po’ innevati, rivoli d’acqua e il silenzio costruito dai discreti suoni della Natura…

Mille più mille steli di erba verde brillante da osservare, da cogliere come un solo e immaginandone i singoli.

Togliere le scarpe per poggiare i piedi. Fermarsi o camminare lenti.

La terra dal calcagno ai polpastrelli diventa una nostra estensione. Con le dita per giocare a raccogliere la terra, come con la sabbia del mare.

Avvicinarsi a un corso d’acqua, quasi attirati da una calamita, guardando spruzzi, increspature, limpidezza. Tuffare una mano, due e poi parte delle gambe, sotto il sole anche tutto il corpo.

Poi eccoci distesi a terra con gli occhi ipnotizzati dal dondolio dei fili d’erba.

Ci capiterà di osservare il passaggio di minuscoli esseri, che nel loro ambiente diventano simpatici e curiosi, anche per chi li conosce poco.

Scorrere leggere le dita sulle zolle, sui petali, sulle foglie, come in un sogno esteso, multiforme, curioso, rappacificante.

Quando avremo il desiderio di girarci a pancia all’aria, potremo mettere due mani sotto la testa, ai lati del corpo, spalancare le braccia, cercare una posizione comoda, naturale, in cui essere appagati. Lasciarci chiamare dal cielo, dalle sue sfumature, forse dalle nubi vaganti.

Ognuno guidato dal suo istinto, dal richiamo interiore troverà una sua posizione in armonia con gli Altri e la radura, percepirà il suo sentire quieto, più vicino all’Altro e più lontano dal sè, sempre più gentile e delicato.

Una radura può ricordare un pensiero allargato, aperto a nuove prospettive, capace di vedere tutt’intorno e di alzare lo sguardo.

In pochi o in tanti cominceremo a sentirci più leggeri, più disponibili coi “pensieri lasciati in pace, pensieri che si innalzano, pensieri che crollano, buoni o cattivi, eccitanti o noiosi, felici o tristi”. (Chögyam Trungpa “Shambhala”)

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L’ultimo Heidegger utilizzò una metafora per indicare che la verità non è qualcosa in piena luce, ma un effetto che proviene dal gioco fra oscurità e luce. Si tratta della “radura” (Lichtung).

Per Heidegger Lichtung, più che da Licht (luce), deriva dal verbo lichten, che significa “liberare, affrancare, portare all’aperto”. Lichten dipende da leicht (lieve).

“Alleviare, alleggerire una cosa significa eliminare gli ostacoli, condurla in un ambiente senza più resistenze, nello spazio libero. Levare l’ancora vuol dire: liberarla dal fondo marino che la serra tutt’attorno ed elevarla nello spazio libero dell’acqua e dell’aria” (“Filosofia e cibernetica”).

Trascorrere ore in una radura con colori, chiaroscuri, echi, ombre, percezioni, silenzio, fermi, pronti a ripartire è una metafora non mia, è un viaggio già proposto.

Ciascuno con tutto se stesso si mette in cammino, tra le sue luci e le sue ombre, lasciando che siano e che lascino essere.

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