Ph. ©Stephanie Sinclair – Yemen
Il suo mondo pareva ristretto nello spazio, nelle cose intorno a lui e in quelle che i grandi lo portavano a conoscere.
Laborioso, curioso, raccoglitore, attento.
Nella sua camera la fantasia lo faceva viaggiare fra spazi e tempi. Nessun confine: personaggi, situazioni, sensazioni, profumi, suoni e lui, lì in mezzo, come un attore. Ogni volta cambiava parte insieme a tanti personaggi… un tappeto non era un semplice tappeto volante, era la scenografia, pronta a trasformarsi per ogni pensiero, per mille immagini. Era affaccendato, le sue mani si muovevano rapide, le idee scorrevano più veloci ancora.
Quando era nel giardino dei nonni, in montagna, al mare si perdeva nel bello, nello stupore e le meraviglie della Natura lo cullavano e lo accompagnavano a scoprire di più, sempre di più.
Correre sulla sabbia, arrampicarsi, rotolare nell’erba, assaggiare l’acqua di ogni fontana. Nessun limite: poteva fare di tutto, sentire il mondo. Dalle pietre al cielo, dagli animali alle Persone, dai fiori alle piante. Quegli occhi si muovevano rapiti e si incantavano non solo in direzione del bello, anche dello strano, del nuovo, del simpatico. Le domande erano tante, molte rimanevano in lui, un po’ perché era un gioco capire, un po’ per non interrompere il fluire della vita dei grandi.
Coi coetanei: il meglio era scorrazzare, arrampicarsi. In bici e a piedi purché ci si muovesse.
I colori. Li ammirava fermo davanti ai pastelli, colto dall’incanto dell’armonia, come se fossero note disposte su un pentagramma e suonate in modo eccelso. Non disegnava bene e forse neppure si dispiaceva per questo. Nelle loro scatole erano le luci del mondo, sempre lì con lui, la musica di fondo dell’Universo, le energie. L’occhio si posava automaticamente sulla tonalità che sentiva sua in quel momento, quella che gli mancava, una che esprimeva un sentire.
Quel bambino crescendo cominciò ad andare per musei e città, quanto imparato sull’arte inizialmente lo trovò particolarmente interessante. Restò poi in un angolo della mente, cominciarono a moltiplicarsi spontanee le emozioni. Tinte e pennellate, carboncini e marmi gli parlavano accompagnati da una musica di sottofondo, quella del suo percepire. Si sentiva vibrare: gioia, stupore, commozione, ammirazione, incanto. C’era un di più: il senso di appartenenza, il contatto non solo con un significato e un messaggio, soprattutto col sentire di un artista mai incontrato, ma ben presente nella sua opera.
Avvicinarsi a un capolavoro in compagnia può diventare l’incontro tra due o più “bambini”, basta lasciarsi andare. Compare il non razionale che c’è in noi, si esce da schemi, si sente la gioia del partecipare sincroni davanti a un colore, a un’espressione, a scatti capaci di cogliere il vissuto, a forme materializzate fuori da una tela, alla delicatezza di un affresco.
Quando soli si entra in dialogo con una sfumatura la si fa parte di sé.
Quando insieme, all’unisono si sceglie, per esempio, il colore per una camera due sé si incontrano un po’ più stretti.
Se poi quei graziosi bambini che ci abitano si fermano, uniscono i piedi, restano di fronte a un’opera dell’uomo o della Natura ecco! una “sintonia”.
Credo che solo l’immediatezza del “nostro” bambino possa renderci capaci di svuotare le nostre menti per coglierci e per cogliere ciò che ci unisce all’intorno, i “punti forti” tra noi e il mondo.
Quando un bambino gioca è concentrato, tra quello che fa e il suo io c’è una spettacolare unione.
Medita senza conoscerne il verbo, coglie aprendosi, si illumina scoprendo e facendo. Il suo presente è ricco, intenso. E’ un unico, che ne sa di mente e corpo? o non ci pensa, lascia che siano.
Nessuna percezione dello scorrere del tempo: è vissuto intensamente l’istante. Tutto fluisce accompagnato da interessi.
“Interesse: essere in mezzo. L’interesse è un legame, una giunzione che avvicina qualcuno a qualcosa o a qualcun altro. Simile ad arpione che aggancia e trae, simile a ponte che permette il passaggio, l’interesse è la variegatissima, inafferrabile cifra dell’unione fra io e tutto il mondo intorno, che invita alla partecipazione e al coinvolgimento”. Da: una parolaalgiorno.it
Abbiamo tutti il nostro bambino, lo ricordiamo, lasciamo che sia.
Il fanciullo che c’è in noi non ci rende meno adulti, ci aiuta a cogliere la vita in modo aperto.
Lasciati andare
fatti cullare come lui
dalle onde del mare
dalle nubi nel cielo
dall’azzurro infinito.
Accarezza la brezza
e i profumi dell’aria
apri gli occhi all’intorno
e inizia il tuo girotondo
tra suoni e luci
tra mani e Terra.